Lo sforzo ingegneristico sarà pure apprezzabile ma anche l’occhio vuole la sua parte, il risultato finale è inguardabile
L’industria automobilistica, spesso vittima di tendenze eccessivamente “sperimentali” in termini di design, sembra giocare a un’appassionante partita di “Chi riesce a realizzare il design più bizzarro e controverso?” E la risposta, a volte, è sconcertante. Non appena metti piede in un salone dell’auto, ti ritrovi a contemplare veicoli che sembrano fuggiti da un incubo surreale. L’automobile, che dovrebbe essere un’opera d’arte su quattro ruote, si trasforma in un esperimento strano che sfida la logica estetica.
Tutto sommato, il mondo delle automobili sembra essere un luogo di stranezze, dove il buon senso estetico ha ceduto il passo all’audacia, con risultati che spesso sfiorano l’assurdità. Ma, in fondo, la bellezza è nel gusto dell’osservatore, e ci sono sempre acquirenti disposti a abbracciare il nuovo e l’inusuale, anche se il resto di noi si gratta la testa chiedendosi come abbiano potuto mettere insieme un tale capolavoro di design così discutibile. Quindi, forse, dobbiamo semplicemente aspettarci di vedere ancora più esempi di “design avventuroso” nelle auto del futuro. Che sia un incubo o una visione audace, una cosa è certa: sarà impossibile ignorarle.
In barba a ogni tipo di patriottismo italico, non potevamo non mettere in cima di questa lista di auto dal design, diciamo, poco apprezzato la nostra FIAT Duna. La sua storia inizia negli anni ’80, quando la Fiat decise di introdurre un veicolo economico e compatto destinato principalmente ai mercati emergenti e alle economie in via di sviluppo.
Un’altra incompresa è l’ammiraglia Renault Vel Satis, berlina prodotta dalla casa francese negli anni Duemila in oltre 60 mila esemplari. Il design bizzarro punta all’effetto sorpresa ma fin da subito è risultata sgraziata e poco filante.
Un altro esemplare impossibile da non citare è SsangYong Rodius. Il mastodontico monovolume coreano è una delle auto più sgraziate mai prodotte, tra cui spicca negativamente la parte posteriore che pare essere “poggiata” sulla linea di fiancata del resto della vettura creando una sovrapposizione davvero poco riuscita.
Altra icona di bruttezza è la Pontiak Aztek, prodotta nei primi anni 2000 e definita dal Time e dal Daily Telegraph come “l’auto più brutta di sempre”, ma ha però conosciuto una sorta di seconda giovinezza grazie alla serie Breaking Bad.
Un’altra americana campionessa di bruttezza è la Plymouth Prowler, prodotta alla fine degli anni ’90. L’obiettivo, mal riuscito, era quello di creare una sportiva che richiamasse le linee delle automobili sportive a ruote scoperte tipiche degli anni ’30.
Un ultimo brutto anatroccolo che possiamo citare è Nissan Cube, una piccola monovolume prodotta dalla casa giapponese e importata in Europa nel 2009. La forma richiama quello delle classiche key car nipponiche, ma che fa a botte con il tipico design del Vecchio Continente.
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