Perché a volte non bisogna fidarsi del tachimetro. Cosa segna in realtà e cosa si rischia se non si sta attenti.
Sulle vetture di ultima generazione il tachimetro analogico a lancetta è stato sostituito dalla versione più moderna digitale. Eppure, incredibilmente, uno sbaglio si verifica lo stesso. Prima di spiegare di quale errore si tratta facciamo un passo indietro e raccontiamo la storia di questo strumento.
Ad inventarlo è stato il croato Josip Belusi nel lontanissimo 1888, inizialmente brevettandolo in Austria e in Ungheria con il nome di “velocimetro”. Detta così sembra quasi impossibile da credere perché per noi è scontato vederlo sul cruscotto, eppure, al principio del 1900 faceva parte degli optional.
Primo esemplare a montarlo fu la Ford Model T, dal valore di 850 dollari, che proponeva il quadro strumenti nel pacchetto aggiuntivo da 100 dollari compreso di i fari anteriori all’acetilene e parabrezza.
Soltanto nel 1910 diventerà invece una componente standard e per ogni genere di mezzo a motore assumerà una denominazione diversa, come sarà differente il metodo di rilevamento. Ad esempio sulle barche c’è il tubo di Pitot, mentre sugli aerei l’airspeed.
Il tachimetro è oggi obbligatorio per tutti quei veicoli che superano i 25 km/h e a partire dal 1993 in Italia è entrata in vigore una legge che serve a spiegare il perché del suddetto errore.
Tachimetro, perché non è affidabile
In pochi lo sanno, ma come abbiamo anticipato, questo dispositivo non è in grado di fornire l’indicazione per cui è nato in maniera corretta. Cosa vuole dire? Semplicemente che la velocità che segnala non è mai quella reale che stiamo tenendo.
Tale considerazione vale sia per il sistema meccanico, sia quello magnetico e digitale. Anche se l’auto è nuova di zecca o dotata di tutte le più sofisticate tecnologie, il passo indicato non è mai quello vero.
Il motivo ci riporta al regolamento dell’Unione Europea UNECE (Nazioni Unite e Commissione Economica per l’Europa) numero 39, che stabilisce un range minimo e massimo d’errore per non eccedere sull’acceleratore. Ciò significa che se si viene multati si è andati sicuramente oltre i limiti stabiliti.
La normativa comunitaria che rimanda ai regolamenti dei singoli Paesi, presenta un punto condiviso. La velocità indicata non deve mai essere inferiore a quella effettiva, ma neppure superiore al 110%, ossia 4 km/h. Per capirci, se effettivamente si sta procedendo a 100 km/h, la lancetta non potrà segnalare più di 114 km/h. Per quanto concerne autobus, camion e altri mezzi pesanti il margine è di 6 km/k in più, mentre per i motocicli e i tricicli la cifra si alza a 8 km/h.
Prima del montaggio lo strumento viene sottoposto ad un test, superato il quale otterrà l’omologazione. Solitamente viene effettuato a tre differenti velocità, 40, 80 e 120 km/h, addirittura viene presa in considerazione pure la temperatura.
Va tenuto presente che sulle automobili più recenti lo scarto è stato ridotto tra il 2 e il 3,5%. Anzi, addirittura su qualche modello la differenza è stata addirittura azzerata, di conseguenza il valore che si legge o si osserva sul cruscotto è effettivamente quello del proprio passo.