La legge è coretta, la sua applicazione non sempre: i numeri delle mukte con gli autovelox in Italia aumentano ma ora Matteo Salvini frena
Ormai è un cliché che si ripete, anche se il principio di base è assolutamente corretto. I limiti di velocità sulle strade italiane, da quelle cittadine alle autostrade, non sono assolutamente negoziabili. Ma l’uso degli autovelox per fare cassa sta diventano un’abitudine che i comuni italiani sfruttano e che gli automobilisti subiscono.
Una pratica corretta a termini di legge, ma che sta diventando pesante per le tasche degli italiani. Eppure rende, lo dicono i numeri: nel 2021, nonostante la pandemia ancora in corso e quindi soprattutto nei primi mesi limiti agli spostamenti, le multe hanno raggiunto quasi 47 milioni di euro nel nostro Paese.
Sicuramente tanto, ma per qualcuno anche troppo. Lo ha detto chiaramente nei giorni scorsi anche Matteo Salvini che si è scagliato contro l’uso scorretto dello strumento. Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti ha confermato quindi la sua intenzione di regolamentare l’uso in Italia, alla luce del fatto che è utilizzato in alcuni casi “per fare cassa”.
L’idea spiegata dal vice premier in parlamento è quella di una revisione del Codice della Strada, compreso il capitolo legato ad autovelox e photored che sono strumenti equiparabili. Nessuno all’interno del governo vuole mettere in dubbio la necessità di una maggiore sicurezza stradale, ma l’uso eccessivo ottiene solo l’effetto contrario.
Ma cosa è finito nel mirino del ministro Salvini e delle associazioni di consumatori in Italia? Il fatto che in Italia si sfrutti la legge ad uso e consumo delle casse da ripianare e i numeri sembrano dimostrarlo in maniera chiara.
Il Codacons mette sul banco le cifre del 2021, con alcune punte nemmeno troppo sorprendenti. Dei 46,9 milioni sanzionati (anche se non tutti hanno pagato), ben 12,9 milioni arrivano da Milano, seguita da Genova con 6,2 milioni e Torino con 5 milioni.
Il vero record però spetta al comune di Melpignano in provincia di Lecce. Nel 2021, grazie agli autovelox, ha raccolto l’incredibile cifra di 4.986.830 euro, molto più di metropoli come Roma o Firenze e Bologna. Oppure Colle Santa Lucia, sulle Dolomiti bellunesi, che conta solo 360 abitanti: in un anno ha incassato circa 550mila euro.
Il problema però sono anche, secondo alcune associazioni di consumatori, le scelte delle amministrazioni comunali. Alcuni scientemente infatti decidono dove piazzare le rilevazioni e poi abbassano i limiti fino a 70, 50 o 30 km/h solo per incassare.
Ma come possono difendersi quindi gli automobilisti italiani di fronte alla ‘minaccia’ autovelox? In due modi differenti ma sempre efficaci. Il primo sembra ovvio, quello di rispettare sempre i limiti che comunque sono ben indicati. Il secondo però è prestare attenzione anche alle segnalazioni degli autovelox, perché non sempre hanno ragione loro.
Lo ha stabilito lo scorso gennaio una sentenza della Cassazione. La presenza di qualsiasi autovelox deve essere segnalata in modo adeguato, per consentire a tutti gli automobilisti di recepire e adeguarsi in caso di eccesso di velocità. E questo vale anche per le multe elevate grazie a dispositivi presenti a bordo delle auto delle forze dell’ordine ma non segnalati.
Il caso in specfifico era avvenuto a Reggio Emilia. Un automobilista era stato sanzionato “poiché viaggiava alla velocità netta accertata di 98,80 km/h in un tratto stradale ove la velocità massima consentita era invece di 50 km/h”. Sulla carta tutto corretto, lo diceva l’apparecchio. Ma lui ha impugnato la multa e il Giudice di pace l’aveva ritenuta illegittima.
Il motivo? La mancata segnalazione della postazione di controllo della velocità. In questo caso infatti l’autovelox era a bordo di un’auto delle forze dell’ordine e può essere usato anche in stazionamento. Ma chi guida deve sapere che sta andando incontro ad un controllo e invece in quel caso non era stato debitamente segnalato.
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