Esistono una quantità illegittima di supercar in tutto il mondo e l’Italia è notoriamente un paradiso per chi è appassionato di automobili sportive. Lei è sconosciuta e la sua interessante storia va finalmente raccontata.
Quanti modelli di supercar sono stati prodotti nel nostro paese? Diecimila? Un milione? Bella domanda. Lei è probabilmente la meno conosciuta e solo un appassionato davvero “hardcore” di motori potrà riconoscerla al primo sguardo. Ecco come questa vettura nacque per “combattere” lo strapotere di un’altra casa italiana, fallendo in modo comunque meraviglioso.
Una vendetta contro Ferrari
La storia della semisconosciuta casa italiana ATS comincia nel 1962 quando il Conte Giovanni Volpi e i suoi amici Giorgio Billie e Jaime Patino Ortiz decisero di fondare una nuova azienda chiamata Automobili Turismo Sport finalizzata alla costruzione di una monoposto di Formula Uno per il campionato dell’epoca. I tre fondatori del marchio ebbero un colpo di fortuna quando alcuni membri del team Ferrari lasciarono la casa e chiesero di essere assunti.
La leggenda narra che alla base di questa fuga di cervelli ci fossero alcuni contrasti con Enzo Ferrari, fondatore della casa non certo noto per il suo carattere facile. In ogni caso, la ATS nacque con ottime aspettative potendo contare sul supporto di personalità come Giotto Bizzarrini e Carlo Chiti che avrebbero disegnato di lì a poco un’auto straordinaria.
Puntare in alto
La casa si proponeva di arrivare ad insidiare proprio la concorrente di Modena e per questo, la sua prima auto fu una monoposto da 190 cavalli iscritta al campionato del 1963: l’auto purtroppo si rivelò poco competitiva risultando un grave spreco di risorse, questo proprio nel momento in cui uno dei fondatori abbandonava il progetto.
Nel 1963 la casa presentò la sua prima auto civile, destinata a risollevare le sorti di un progetto partito con il piede sbagliato. La ATS 2500GT si rivelò un’auto formidabile sotto ogni punto di vista con un potente motore V8 da 245 cavalli e soprattutto un design incredibile per l’epoca: l’auto sembrava una E-Type con quel lungo frontale ma il retro ricordava invece un’astronave.
Il fallimento e l’oblio
Inizialmente eccitati all’idea di sostenere il progetto della ATS, molti investitori si fecero avanti per supportare la costruzione dell’auto che venne immediatamente inserita sul mercato. Con un peso di appena 750 chilogrammi, l’auto era una delle più veloci supercar italiane del periodo e inoltre fu la prima supercar del nostro paese progettata interamente con motore centrale.
I problemi economici dell’azienda però peggiorarono e piano piano, tutti gli investitori iniziarono a ritirarsi dal progetto lasciando la 2500GT senza fondi quando appena 12 esemplari erano stati completati. Quella che poteva essere una delle più grandi supercar italiane di sempre finì ingloriosamente la sua carriera prima di iniziarla mentre la ATS continuò a produrre componenti per auto da corsa fino al 1969 quando l’azienda chiuse definitivamente i battenti.